Prima di andare avanti, da dove arrivo?

img_0667.jpgSportiva fin dalla più tenera età. Cominciai a frequentare palestre dall’età di 4/5 anni e già a pochi mesi di distanza mi venne proposto di passare al livello pre agonistico della ginnastica ritmica. Forse per il timore di far troppa fatica o per chissà quale altra ragione, devo essere sincera, me ne tirai subito fuori. Non faceva per me! Troppa dedizione e troppo impegno. In fin dei conti, 6 solo anni avevo!

Così, passando dalla padella alla brace decisi che il mio mondo (e qui fui parecchio lungimirante) era l’acqua e iniziai così la mia parentesi di nuoto sincronizzato -sì, proprio quello che sorridi sempre, con la “molletta” al naso – un periodo, abbastanza lungo direi, che mi vedeva impegnata 3/4 ore al giorno in piscina 6 giorni a settimana. La tipica infanzia raccomandabile, insomma.

Ma rifarei tutto da capo.

Non mancarono successi e delusioni. Le mie prime vittorie e la scalata verso la nazionale. Disciplina, umiltà, rigore sono state lezioni quotidiane per sette anni della mia vita.

Un idillio, che non appena varcai le porte del liceo scientifico, si frantumò in mille pezzi. Lo studio divenne così la mia priorità numero uno e accantonai qualsiasi aspirazione sportiva, dimenticandomi quasi, di avere impresso nel DNA la competizione e impresso chiaro e tondo, ma ancora non lo sapevo.

Ancora sulla cresta dell’onda dei pieni voti della maturità, non potevano che preannunciarsi grandi soddisfazioni in ambito accademico -pensavo io- invece era l’inizio del mio rifiuto per lo studio per colpa di un nuovo “amore”, il triathlon.

-Un fuoco di paglia?

– Probabile, ma ci voglio provare.

All’età di 19 anni, dopo vani tentativi di inizio durante il periodo liceale, cominciai a rimboccarmi le maniche perché per guadagnare un posto tra i primi (in Italia) il gap da colmare era assai ampio.

Un quasi totale disastro su tutta la serie, meno una cosa, la tenacia.

Riguardando i risultati passati, a dir poco imbarazzanti, mi stupisco per come non abbia mai accettato il livello in cui ero per volere essere di più, più forte, migliore. Una cosa che ancora oggi scandisce i miei giorni.

Così iniziai a dedicarmi, giorno dopo giorno. Non tardarono ad arrivare miglioramenti e piccoli successi, fino alla prima convocazione da parte del team nazionale. Un onore.

In ritardo rispetto alle mie coetanee, cominciai i raduni a 22 anni e sobbarcata dai carichi di lavoro di atleti esperti mi infortunai in men che non si dica (una bella frattura da stress al malleolo della caviglia sinistra, perfetto).

La disperazione mi fece quasi perdere ogni speranza, ma ecco che la tenacia che mi ha sempre contraddistinta mi ha fatta rialzare e a tre mesi dall’infortunio correvo in una coppa Europa, conquistando la mia prima top 10 in una gara di tale circuito. Un successo!

Di li le cose cominciarono a girare per il verso giusto e a nemmeno di un anno di distanza venivo premiata vicecampionessa europea U23

Oggi, a 25 anni, con l’emozione di una neofita affronto, giorno dopo giorno il perseguimento di un sogno, che spero di poter coronare tra tre anni, Tokyo 2020.

La maturità ha finalmente trovato la sua fioritura anche in me e sto completando gli studi presso la facoltà di lettere in “Mediazione Linguistica”.

Un’avventura ancora tutta da vivere.

Ma il mio motto è diventato nel corso degli anni “QUI E ORA”- “hic et nunc”