Giro di Boa 2018, RECAP.

Settimana scorsa finiva Giugno e lo scorso weekend l’ultima coppa del mondo della prima metà stagione. Ci sono stati molti eventi, alcuni positivi altri meno. Mettetevi comodi che la storia sarà lunga….eheh

  1. World Cup Astana

Dopo l’inizio titubante avvenuto in World Series di certo non era questa la prova con il quale mi volevo riscattare. Atterrata in terra Kazaka, dopo un’intera notte di viaggio, non ho incontrato il tepore primaverile chi ci si aspetterebbe a Maggio. Il termometro a fatica superava i 12 gradi nelle ore più calde della giornata. L’organizzazione ci comunicò che c’era un altissima probabilità che la gara sarebbe stata modificata. E così fu: duathlon “classico” 5km run-40km bike- 10 km run.

Partivo determinatissima, in quel periodo la corsa era forse la frazione della triplice dove mi sentivo meglio. Giunte alla partenza il vento gelido tagliava la gola e non tardò molto ad avere ripercussioni al mio stomaco. Dopo aver corso la prima frazione con la testa del gruppo, a pochi chilometri dall’inizio della bici ho iniziato ad accusare forti crampi allo stomaco che in pochissimo sono diventati conati di vomito che mi hanno costretta ad accostare e al ritiro. Personalmente reputo il DNF come un evento estremo, che solo dopo una profonda (seppur rapida) riflessione scelgo come opzione.

Torno così a casa con un pugno di mosche e tanta amarezza. Ma è sempre nei momenti più bui dove trovo la scintilla per riaccendere il fuoco della passione e della determinazione.

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2. World Cup Cagliari

Coppa del mondo in terra italiana, ma quale onore! Un percorso tostissimo, nervoso e con le sue insidie. Devo ammettere che partivo molto rilassata perché in testa avevo un solo mantra che ripetevo in continuazione: “pensa a quello che stai facendo e basta”.

Il livello era abbastanza alto, specialmente dal punto di vista di nuotatrici e cicliste.

Dal via della gara alla fine ho vissuto ogni minuto della gara al 100% e una volta raggiunto il tappeto blu degli ultimi metri mi sono resa conto di aver appena conseguito la mia migliore prestazione in Coppa del Mondo di sempre! In Italia! Che bello!!

Orgogliosa e felice, festeggio, finalmente, un piccolo grande passo nella mia carriera da triathleta.

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3. World Cup Anversa

Un’altra gara, questa volta in Belgio, percorso tutto sommato semplice…….pensavo io.

Arrivato il momento delle familiarizzazioni veniamo a conoscenza del pavé, quello vero. Pietre giustapposte, forse centinaia di anni fa, che oggi sono una tortura a correrci sopra figuratevi a pedalarci. Vi dico solo che dopo cinque minuti di familiarizzazione non sentivo più le mani. Ma quel percorso mi entusiasmava tantissimo. Essendo molto leggera guidavo la mia Tarmac con super agilità tra quelle curve e tratti infiniti di pavé.

Il giorno della gara, pochi minuti prima della partenza iniziò a gocciare, non di buona auspicio. Per fortuna però era solo un falso allarme.

Allo start ho la reazione di un bradipo e comincio a nuotare già in coda al gruppo, ma fiduciosa delle mie capacità inizio subito a rimontare posizioni. Esco accodata alle ultime del primo gruppo e grazie ad una transizione velocissima parto all’inseguimento della testa della corsa. Una volta rientrata abbiamo collaborato per mantenere un certo vantaggio sulle inseguitrici. Passata la T2 corro per quasi 3 km in quarta posizione con il podio ad una manciata di secondi. Vengo poi superata da due altre ragazze che correvano ad un andatura decisamente troppo forte per me. Finisco 6^!!!

Siamo sulla strada giusta? Noi ci crediamo!

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4. World Cup Tiszaujvaros

La storica classica coppa del mondo Ungherese, con il formato semifinale-finale. Era la terza volta che scendevo qui in campo per una ragione sola: dimostrarmi che potevo fare bene anche su una gara che mi è sempre andata storta.

Il giorno delle semifinali è filato tutto liscio. mi qualifico seconda.

Il Giorno della finale l’adrenalina era a mille, scendevo sul pontone per quarta. Questa volta la reazione allo start è ottima, le prime bracciate trovano acqua pulita per i primi 100 mt. poi come tradizione vuole, il caos. Prendo qualche botta qui e li e mi si riempiono gli occhialini d’acqua, ” vabbè fa niente, hai fatto nuoto sincronizzato per un sacco di anni, sai stare senza occhialini” pensavo io. Verso la fine del nuoto comincio ad accusare un forte bruciore all’occhio sinistro e come se mi fossi rovesciata mezzo litro di sapone sopra e comincia ad offuscarmi la vista. Esco dall’acqua e finalmente togli gli occhialini, ma la situazione non migliora: l’occhio sinistro ha chiuso i battenti per oggi. Continuo la gara contribuendo ad aumentare il vantaggio nonostante potevo aprire tutti e due gli occhi solo a tratti. Forse la paura di cadere o di creare disagi mi ha aiutata ad aprire tutti e due gli occhi. Entro in T2 insieme alle protagoniste e attacco la frazione run nel migliore dei modi. La freschezza mancava, i primi due km li ho corsi pianino anche perché non riconoscevo uno scalino da una rampa o da una buca.

Stringo i denti e sfioro un’altra preziosa top 8, finisco 9.

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Mi porto a casa una solida prestazione, nonostante l’handicap dell’occhio ( abrasione della cornea, che spiega il forte bruciore)

Finisce qui la prima metà della stagione, con un inizio un po in sordina, ma deciso negli ultimi eventi.

I prossimi appuntamenti : Campionati Europei a Glasgow, Coppa del mondo a Losanna, Coppa del mondo a Karovy Vary

Allenamenti, Corse con i Leoni, primi appuntamenti….#Lavventuracontinua

Sono passate un po’ di settimane dal mio ultimo articolo, ma le vicende da raccontare non sono mancate. Anzi ho raccolto un sacco di novità, esperienze e nuove idee.

La Coppa Europa a Quarteira in Portogallo è stata l’ultimo racconto riportato qui, da li, una volta rientrata in Italia non potevo immaginare quante belle sorprese mi aspettavano. Procedendo con ordine ecco cosa è successo nelle ultime settimane:

I AM S-Works !!!!

Ebbene sì, si corona un piccolo sogno e inizio quest’anno la collaborazione con Specialized Italia.

Un marchio che ho sempre ammirato e seguito da quando ho iniziato a fare triathlon. Orgogliosa di essere supportata da Specialized e motivata ancor di più di farmi valere in ogni campo gara. Per i curiosi ed esperti, il mio modello è la S-Works Tarmac, con trasmissione Shimano Dura-Ace Di2 (“è un’arma da gara il meglio sul mercato in termini di prestazioni, qualità e tecnologia”). Non nego che fin dai primi chilometri pedalati la sensazione è stata subito pazzesca; pedalarla in salita o su percorsi tecnici sembra sempre di essere un tutt’uno con la bici.

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I AM S-WORKS!

#JFCREW

Un altro sogno che si è avverato per 10 giorni: affiancare il team di uno degli allenatori di più successo del triathlon mondiale – la Crew di Joel Filliol. Un gruppo di fuoriclasse che mi hanno stupito ogni giorno di più per la semplicità, la serenità e i sorrisi che portano quotidianamente senza perdere mai di vista i loro obiettivi. Correre, pedalare e nuotare fianco a fianco a campioni mondiali, condividere opinioni, momenti extra allenamento rendono questi mostri sacri un po’ meno mostri e più umani, con i loro dubbi le loro riflessioni, le loro storie ed esperienze. Un’ esperienza che mi ha insegnato molto e di cui ne farò tesoro.

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Running with Lions

GRAND PRIX ITALIA

Più che un sogno qui, è una disillusione e un bel po’ di amarezza da digerire.

Una due giorni di gare all’Idroscalo a Milano finita con un poco soddisfacente quinto posto. Gare come queste si decidono in frazioni di secondo o nel chi ha lo spunto migliore negli ultimi frangenti. Sono partita per vincere, impostando un ritmo elevato nella prima frazione, cercando la fuga non andata a buon fine e ci siamo quindi trovate a correre tutte insieme 2 chilometri e la brillantezza di cambiare il ritmo nella seconda metà della corsa non è stata dalla mia parte e perciò ho cercato di mantenere la miglior posizione possibile per il mio team ( DDS ).

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Momenti di delusione, una volta analizzati sono utili per capire dove lavorare di più, dove rinforzare o dove cambiare. Come rituale nel post gara mi confronto con il mio allenatore (Simone Diamantini) che ormai mi conosce bene e sa come aiutarmi a raccogliere ciò che c’é di positivo e a creare insieme una strategia di miglioramento. Nell’ultimo periodo ho apportato cambiamenti nell’alimentazione (date le mole di lavoro) nella frequenza di trattamenti fisioterapici e nel prestare particolare attenzione al recupero.

Un consiglio, che deriva da errori ripetuti più volte: aggiustate la nutrizione a seconda dei periodi dell’anno (momenti di carico e costruzione/ periodi di gare e scarico)!

Sembrerà un’ovvietà, specialmente quando si è concentrati su quanto si è lavorato, non dimenticate di recuperare e dedicare pochi minuti ogni giorno per ascoltare cosa il vostro corpo vi chiede (tipo extra idratazione!!! attenzione ai primi caldi e agli sbalzi stagionali).

Alla prossima!

Ilaria

Race Report, World Triathlon Series Abu Dhabi

Gara bagnata, gara fortunata? Non per me lo scorso weekend negli Emirati.

Gara “test” dopo un lungo periodo di allenamenti, per verificare quale fosse il mio stato attuale di fitness e di preparazione. Le sensazioni che avevo avuto nell’ultimo periodo erano molto buone e non mi ero mai sentita così bene in questo momento dell’anno, non ancora al 100%, ma nettamente più performante degli scorsi anni.

Un percorso unico, adrenalinico, curve e rilanci ogni dozzina di secondi, salite e discese.. tutto sotto controllo, avevo eseguito un lavoro mirato in Nuova Zelanda perché mi aiutasse a creare fiducia nel mezzo e rafforzare le mie abilità ciclistiche. Ero tranquilla, sapevo che l’aspetto tecnico era stato acquisito negli ultimi mesi.

Nuoto, partenza dal pontone, lancio lungo ( più di 300 mt prima della prima boa). Sono pronta anche per questo.

Ultima frazione: muscolare, perfetta.

Diciamo che a priori si prospettava una delle gare che più si addicevano al mio livello di preparazione.

Il meteo ha deciso di rendere le cose molto più complicate, e per tutta la mattinata pioggia e vento non davano tregua, mantenendo le strade ricoperte da una patina scivolosa dovuta alla salsedine e alla sabbia.

“Fa niente, è la stessa condizione per tutte” continuavo a ripetermi.

Eseguo la mia classica routine pre gara, step-by-step, il mio classico riscaldamento.

Un buon posto sul pontone, ultimi respiri a fondo…ci siamo.

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Ultimo sguardo alle boe, poi testa giu in attesa del “via”.

“On your mark….”

Partite. I primi 200 metri passano velocissimi e mi trovo in una buonissima posizione, giusto mezza frazione di secondo dopo aver pensato di essermi tirata fuori dalla mischia e l’inferno di botte aveva cominciato a trascinarmi sempre più indietro nel gruppo.

Esco dall’acqua con l’ultimo gruppo di ragazze, ma c’era ancora possibilità di rimediare, insieme fullsizeoutput_12eba me c’erano ottime cicliste con il quale avrei potuto collaborare per rientrare in gara.

Forse l’inesperienza, forse la titubanza di cadere per la foga di “rientrare”, ho scelto una posizione nel gruppo sbagliata: una caduta davanti a me, miracolosamente schivata e un paio di curve seguendo un’atleta completamente irrigidita, che lasciava metri su metri ad ogni svolta, mi sono ritrovata a finire i 20 km praticamente in crono, lasciando ogni speranza di ottenere un buon piazzamento finale.

Ho voluto comunque portare al termine la gara dando tutto quello che avevo; anche a piedi dopo i primi 8-900 metri le gambe iniziavano a girare.

Dopo la forte delusione di un 33esimo posto, che di per se si rivela un risultato mediocre e per molti probabilmente il riflesso della qualità (povera) degli allenamenti degli ultimi tre mesi, per me invece è un punto di partenza che mi lascia molta fiducia e molta voglia di lavorare sodo. Certo, essere stata li davanti a cogliere l’opportunità sarebbe stato davvero un sogno che si avvera o un bel colpo di fortuna, ma voglio che i miei futuri risultati siano frutto della “fortuna” che mi sono costruita giorno dopo giorno, allenandomi e migliorandomi fisicamente e mentalmente.

Tempo di lavorare sodo e godersi ogni parte del processo verso il successo.

Prossimo appuntamento: Coppa Europa a Quarteira (POR)

Pronti, Partenza, Via! Ecco cosa metto in valigia quando parto per un weekend di gare

Mancano pochi giorni alla mia partenza e devo dire che con tutti i viaggi che ho fatto in passato, oggi fare la valigia (per gareggiare) mi costa veramente poco tempo!

Mi ricordo i miei primi viaggi e la perenne indecisione su cosa fosse necessario e cosa no.   Un fattore vincolante è decisamente il mezzo con il quale si viaggerà: se devo affrontare un viaggio in auto il problema non si pone, ogni extra è benvenuto, ma il più delle volte devo fare i conti con misure e pesi massimi consentiti, e se 20 kg vi sembrano tanti, fidatevi che non lo sono per niente quando viaggiate per il triathlon!

Considerando un normale weekend di gare in Europa che generalmente varia dai 2 ai 3 giorni di trasferta, con volo low cost ecco cosa porto con me:

Sacca bici EVOC- non la più comoda da viaggio, specialmente per persone piccole come me, ma decisamente la più sicura e affidabile.

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Zaino (carry on board).

Per esperienza porto nello zaino a bordo tutto lo stretto necessario per gareggiare e documenti/ strumentazione importante:

body gara,

scarpe da bici (con pedali) e da gara di corsa,

casco,

occhiali,

borraccia (se vuota si può portare anche attraverso il controllo di sicurezza),

GPS bici e corsa,

cuffia e occhialini,

muta.

Sono tante cose per uno zaino da portarsi in spalla, ma dopo aver smarrito valigie o sacche bici spedite in un altro aeroporto preferisco fare questo extra sforzo e avere il più possibile insieme a me e disponibile all’occorrenza. Generalmente mi avanza sempre un po’ di spazio per una piccola busta con dei vestiti o dell’intimo e lo stretto necessario del beauty case.

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Tipico outfit da viaggio haha

Nella sacca della bici metto

bici – smontata di manubrio e pedali, fortunatamente sono un’atleta piccola e perciò mettere la bici nella sacca mi costa veramente pochissimi minuti, ma non per questo non mi devo assicurare che sia protetta e fissata a dovere all’interno della sacca. Un consiglio per chi viaggia in aereo è di cercare di proteggere il cambio e trovare degli spessori da inserire tra la forcella anteriore;

ruote – da gara e di riserva, la sacca che uso è dotata di due compartimenti laterali creati appositamente per le ruote e avendo abbondante spazio all’intero della sacca normalmente inserisco un extra paio di ruote (da allenamento) che in caso di foratura possono sempre tornare utile nella WHEELS AREA (nelle gare ITU esiste una sorta di pit stop nel quale si possono lasciare delle ruote di scorta che possono essere rimpiazzate in caso di problema tecnico);

vestiti – generalmente uso una di quelle sacche di plastica che danno alle gare, così nel caso la sacca venisse lasciata sotto la pioggia i vestiti rimangono asciutti. Prima di partire cerco di informarmi più dettagliatamente possibile sul tipo di meteo che troverò nella zona gara e quindi preparare la borsa di conseguenza. Soffro molto il freddo quindi sono particolarmente attenta quando viaggio al nord di portare sempre con me vestiti casual e da allenamento sufficientemente caldi e gli immancabili puntali copri scarpe per la bici;

pompa per le ruote e attrezzi per manutenzione rapida..

Se dopo tutto quello che ho elencato sopra mi avanza ancora dello spazio e peso, porto con me qualche alimento o integratori (omega 3 e ferro) che uso quotidianamente.

Un piccolo consiglio aggiuntivo: per viaggi in aereo se non siete esperti nel viaggiare con la bici, al momento dell’acquisto del biglietto vi conviene prenotare il bagaglio sportivo per garantirne il trasporto.

Inoltre controllare attentamente i pesi massimi e le modalità di trasporto di diverse compagnie aeree, specialmente quelle low cost. Easyjet ad esempio acconsente fino a 30 kg divisi in massimo due colli che non devono superare i 23 kg ciascuno. Altre compagnie aeree invece richiedono il check-in online, pena un sovrapprezzo di più di 70 Euro!! Meglio controllare attentamente ogni volta!

Spero di essere stata d’aiuto!

Ilaria

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New Zealand. Capitolo 3

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New Zealand, My Love.

Proprio la Nuova Zelanda, esattamente dall’altro lato ( se “a lati” si può considerare)  del globo rispetto casa.

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Mi trovo in questa meravigliosa terra per il terzo anno consecutivo, dove ho trovato il mio habitat ideale per continuare al migliore dei modi la mia preparazione invernale (“invernale” solo per definirlo temporalmente nell’anno – qui ci sono più di 20 gradi a Dicembre); e non solo.

In alcuni weekend riesco a ritagliarmi dei momenti per esplorare questa bellezza tutta al naturale. Non posso nascondere che mi sono profondamente innamorata delle spiagge, della calma e della tranquillità di posti completamente incontaminati. Ammetto di avere la fortuna di avere una guida davvero  speciale, che mi porta alla scoperta di alcuni posti che solo un vero kiwi (come i neozelandesi si definiscono) ne è a conoscenza.

La foto in cima è la famosa spiaggia chiamata “Cathedral Cove”; in basso le cascate “Huka falls”, a sinistra il lago vulcanico di Taupo e a destra in cima al monte Manganui, Tauranga.

Purtroppo però non posso permettermi di girare molto perché come potete immaginare gli allenamenti e l’annesso riposo occupano gran parte del tempo a disposizione. Nonostante ciò ci sono lunghe pedalate, nuotate all’alba nell’oceano e lunghe corse in parchi naturali.

Molti di voi resteranno sorpresi dal sentirsi dire che di pecore non ne ho viste molte, forse perché mi trovo di base ad Auckland e le campagne nei dintorni non offrono il miglior ambiente per il pascolo, o era tutto un falso mito?!

Perenne vento, quattro stagioni in un solo giorno, gente che cammina a piedi nudi per strada tutto vero.

Un altro aspetto, che molti di voi non crederanno, i caffe. Ecco, qui penso di aver trovato i miei caffe preferiti in assoluto. Infinite varianti e la cura con cui viene preparato, rendono questo posto il paradiso delle colazioni. I bar sono dei posti in cui se sei di fretta prendi un “take away”, se hai fame ti fermi per una colazione con la C; può capitare di vedere gente chiacchierare per ore: amici? no, colloquio di lavoro. Studenti, free lancers che lavorano sui loro computer in un angolo del locale. Consumatori di ogni genere, meno uno: il caffè al banco con la brioche qui non esiste.

Ecco i top 3 dei miei caffe preferiti, cercate ispirazione o siete di passaggio o volete vedere i menu per curiosità? Il primo è il mio preferito:

Source Cafe Per la mia colazione preferita dopo un allenamento di nuoto;

The Coffe Club Una catena, in quello sotto casa ormai mi chiamano per nome, si trova in ogni distretto in tutta la nazione, qualità e bontà. Approvato!

The Apothecary Una chicca. Per concedersi una coccola in un contesto unico. Bar e negozio di antiquariato allo stesso tempo.

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Aotearoa, è come la chiamano i Maori. L’origine di questa parola non è chiaro ma viene comunemente tradotto come Ao= Nuvola, Tea= bianca e Roa= Lunga, la lunga nuvola bianca..affascinante no?!

Essendo il mio terzo anno qui devo dire che un po’ kiwi mi sento anche io e non mi dispiace affatto l’idea di abitare su quest’isola un giorno.

Ancora presto per prendere decisioni, importanti appuntamenti mi aspettano prossimamente dall’altra parte del globo.

A presto!

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Un sogno a cinque cerchi

Hamburg pre race

Nasce, a fine stagione 2017, questo sito che ha il proposito di seguirmi nel mio percorso verso un sogno. Un sogno che molti hanno e che si costella di alti e bassi,  dubbi e ostacoli da superare.

Ilaria, 25, atleta professionista, studentessa, cittadina del mondo e appassionata in cucina.

Cosa passa nella mente di un’atleta nei momenti migliori o in quelli peggiori?

Quali lezioni di vita impara confrontandosi con culture diverse, viaggiando in lungo e in largo o semplicemente nel quotidiano?

Lo scopriremo solo vivendo!

Prima di andare avanti, da dove arrivo?

img_0667.jpgSportiva fin dalla più tenera età. Cominciai a frequentare palestre dall’età di 4/5 anni e già a pochi mesi di distanza mi venne proposto di passare al livello pre agonistico della ginnastica ritmica. Forse per il timore di far troppa fatica o per chissà quale altra ragione, devo essere sincera, me ne tirai subito fuori. Non faceva per me! Troppa dedizione e troppo impegno. In fin dei conti, 6 solo anni avevo!

Così, passando dalla padella alla brace decisi che il mio mondo (e qui fui parecchio lungimirante) era l’acqua e iniziai così la mia parentesi di nuoto sincronizzato -sì, proprio quello che sorridi sempre, con la “molletta” al naso – un periodo, abbastanza lungo direi, che mi vedeva impegnata 3/4 ore al giorno in piscina 6 giorni a settimana. La tipica infanzia raccomandabile, insomma.

Ma rifarei tutto da capo.

Non mancarono successi e delusioni. Le mie prime vittorie e la scalata verso la nazionale. Disciplina, umiltà, rigore sono state lezioni quotidiane per sette anni della mia vita.

Un idillio, che non appena varcai le porte del liceo scientifico, si frantumò in mille pezzi. Lo studio divenne così la mia priorità numero uno e accantonai qualsiasi aspirazione sportiva, dimenticandomi quasi, di avere impresso nel DNA la competizione e impresso chiaro e tondo, ma ancora non lo sapevo.

Ancora sulla cresta dell’onda dei pieni voti della maturità, non potevano che preannunciarsi grandi soddisfazioni in ambito accademico -pensavo io- invece era l’inizio del mio rifiuto per lo studio per colpa di un nuovo “amore”, il triathlon.

-Un fuoco di paglia?

– Probabile, ma ci voglio provare.

All’età di 19 anni, dopo vani tentativi di inizio durante il periodo liceale, cominciai a rimboccarmi le maniche perché per guadagnare un posto tra i primi (in Italia) il gap da colmare era assai ampio.

Un quasi totale disastro su tutta la serie, meno una cosa, la tenacia.

Riguardando i risultati passati, a dir poco imbarazzanti, mi stupisco per come non abbia mai accettato il livello in cui ero per volere essere di più, più forte, migliore. Una cosa che ancora oggi scandisce i miei giorni.

Così iniziai a dedicarmi, giorno dopo giorno. Non tardarono ad arrivare miglioramenti e piccoli successi, fino alla prima convocazione da parte del team nazionale. Un onore.

In ritardo rispetto alle mie coetanee, cominciai i raduni a 22 anni e sobbarcata dai carichi di lavoro di atleti esperti mi infortunai in men che non si dica (una bella frattura da stress al malleolo della caviglia sinistra, perfetto).

La disperazione mi fece quasi perdere ogni speranza, ma ecco che la tenacia che mi ha sempre contraddistinta mi ha fatta rialzare e a tre mesi dall’infortunio correvo in una coppa Europa, conquistando la mia prima top 10 in una gara di tale circuito. Un successo!

Di li le cose cominciarono a girare per il verso giusto e a nemmeno di un anno di distanza venivo premiata vicecampionessa europea U23

Oggi, a 25 anni, con l’emozione di una neofita affronto, giorno dopo giorno il perseguimento di un sogno, che spero di poter coronare tra tre anni, Tokyo 2020.

La maturità ha finalmente trovato la sua fioritura anche in me e sto completando gli studi presso la facoltà di lettere in “Mediazione Linguistica”.

Un’avventura ancora tutta da vivere.

Ma il mio motto è diventato nel corso degli anni “QUI E ORA”- “hic et nunc”