Ma che anno STRANO!

Non so voi, ma io quest’anno mi sono domandata più e più volte: ma cosa sto facendo? Ma finirà mai? Ma chi me lo fa fare….

Un anno del tutto unico…tra qualche settimana sarebbe dovuta iniziare la XXXII edizione delle Olimpiadi di Tokyo e invece, eccoci qui, a porci grossi interrogativi sulle priorità della vita, su come ci risolleveremo da questa lunga crisi, e quando potremo ritenerci al sicuro da questa pandemia che ha messo in ginocchio l’economia di tutto il pianeta.

Nonostante le innumerevoli giornate di sconforto, e non nascondo, anche di panico, ho cercato di dare senso a ogni giorno passato rinchiusa in casa: piccole azioni quotidiane che a fine giornata mi aiutassero ad addormentarmi “serenamente”. È stato davvero difficile pensare di mantenere una minima condizione fisica per uno sport come il triathlon che richiede spazi molto estesi; eppure, la mente umana, capace di creare tante cose negative, è anche in grado di evolversi, adattarsi e ingegnarsi per migliorare uno stato di non-confort, e creare un porto sereno nel quale vivere con il sorriso e in pace quando fuori c’è una tempesta.

Il mio obiettivo nr.1 durante questi mesi è stato quello di mantenere in salute la “testa”: credo non ci sia niente di più deleterio di cadere nel baratro della depressione o dello sconforto in un momento nel quale non si riesce nemmeno a scorgere la luce alla fine del tunnel. Ho studiato, creato progetti, meditato e imparato a respirare (lo so, sembra una banalità, ma non c’è niente di più importante del saper respirare correttamente, anche per chi non fa sport!), smussato angoli del carattere, e imparato ad ascoltare; ho conservato in un angolino delle mie settimane, un momento per ricordarmi quanto le gare facciano parte di me e che la competizione sia il fuoco che alimenta mesi su mesi di sacrifici e allenamenti – ho rivisto video di gare, partecipato a gare online, rivisto foto di podi e di gridi di soddisfazione.

Solo così, una volta che un barlume è iniziato ad apparire in fondo a quel maledetto tunnel, mi è scoppiata la voglia di ritornare.

Non nego che le ore di allenamento, durante il lockdown, fossero un buon volume tale da mantenere i muscoli e le articolazioni in salute, ma molto è da ricostruire, e chissà, magari questo 2020 non è stata una maledizione, ma una sfida che la sorte mi ha lanciato per darmi un’altra occasione!

Dopo tutto anche il grande Einstein diceva “Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.”

 

 

 

 

 

Giro di Boa 2018, RECAP.

Settimana scorsa finiva Giugno e lo scorso weekend l’ultima coppa del mondo della prima metà stagione. Ci sono stati molti eventi, alcuni positivi altri meno. Mettetevi comodi che la storia sarà lunga….eheh

  1. World Cup Astana

Dopo l’inizio titubante avvenuto in World Series di certo non era questa la prova con il quale mi volevo riscattare. Atterrata in terra Kazaka, dopo un’intera notte di viaggio, non ho incontrato il tepore primaverile chi ci si aspetterebbe a Maggio. Il termometro a fatica superava i 12 gradi nelle ore più calde della giornata. L’organizzazione ci comunicò che c’era un altissima probabilità che la gara sarebbe stata modificata. E così fu: duathlon “classico” 5km run-40km bike- 10 km run.

Partivo determinatissima, in quel periodo la corsa era forse la frazione della triplice dove mi sentivo meglio. Giunte alla partenza il vento gelido tagliava la gola e non tardò molto ad avere ripercussioni al mio stomaco. Dopo aver corso la prima frazione con la testa del gruppo, a pochi chilometri dall’inizio della bici ho iniziato ad accusare forti crampi allo stomaco che in pochissimo sono diventati conati di vomito che mi hanno costretta ad accostare e al ritiro. Personalmente reputo il DNF come un evento estremo, che solo dopo una profonda (seppur rapida) riflessione scelgo come opzione.

Torno così a casa con un pugno di mosche e tanta amarezza. Ma è sempre nei momenti più bui dove trovo la scintilla per riaccendere il fuoco della passione e della determinazione.

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2. World Cup Cagliari

Coppa del mondo in terra italiana, ma quale onore! Un percorso tostissimo, nervoso e con le sue insidie. Devo ammettere che partivo molto rilassata perché in testa avevo un solo mantra che ripetevo in continuazione: “pensa a quello che stai facendo e basta”.

Il livello era abbastanza alto, specialmente dal punto di vista di nuotatrici e cicliste.

Dal via della gara alla fine ho vissuto ogni minuto della gara al 100% e una volta raggiunto il tappeto blu degli ultimi metri mi sono resa conto di aver appena conseguito la mia migliore prestazione in Coppa del Mondo di sempre! In Italia! Che bello!!

Orgogliosa e felice, festeggio, finalmente, un piccolo grande passo nella mia carriera da triathleta.

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3. World Cup Anversa

Un’altra gara, questa volta in Belgio, percorso tutto sommato semplice…….pensavo io.

Arrivato il momento delle familiarizzazioni veniamo a conoscenza del pavé, quello vero. Pietre giustapposte, forse centinaia di anni fa, che oggi sono una tortura a correrci sopra figuratevi a pedalarci. Vi dico solo che dopo cinque minuti di familiarizzazione non sentivo più le mani. Ma quel percorso mi entusiasmava tantissimo. Essendo molto leggera guidavo la mia Tarmac con super agilità tra quelle curve e tratti infiniti di pavé.

Il giorno della gara, pochi minuti prima della partenza iniziò a gocciare, non di buona auspicio. Per fortuna però era solo un falso allarme.

Allo start ho la reazione di un bradipo e comincio a nuotare già in coda al gruppo, ma fiduciosa delle mie capacità inizio subito a rimontare posizioni. Esco accodata alle ultime del primo gruppo e grazie ad una transizione velocissima parto all’inseguimento della testa della corsa. Una volta rientrata abbiamo collaborato per mantenere un certo vantaggio sulle inseguitrici. Passata la T2 corro per quasi 3 km in quarta posizione con il podio ad una manciata di secondi. Vengo poi superata da due altre ragazze che correvano ad un andatura decisamente troppo forte per me. Finisco 6^!!!

Siamo sulla strada giusta? Noi ci crediamo!

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4. World Cup Tiszaujvaros

La storica classica coppa del mondo Ungherese, con il formato semifinale-finale. Era la terza volta che scendevo qui in campo per una ragione sola: dimostrarmi che potevo fare bene anche su una gara che mi è sempre andata storta.

Il giorno delle semifinali è filato tutto liscio. mi qualifico seconda.

Il Giorno della finale l’adrenalina era a mille, scendevo sul pontone per quarta. Questa volta la reazione allo start è ottima, le prime bracciate trovano acqua pulita per i primi 100 mt. poi come tradizione vuole, il caos. Prendo qualche botta qui e li e mi si riempiono gli occhialini d’acqua, ” vabbè fa niente, hai fatto nuoto sincronizzato per un sacco di anni, sai stare senza occhialini” pensavo io. Verso la fine del nuoto comincio ad accusare un forte bruciore all’occhio sinistro e come se mi fossi rovesciata mezzo litro di sapone sopra e comincia ad offuscarmi la vista. Esco dall’acqua e finalmente togli gli occhialini, ma la situazione non migliora: l’occhio sinistro ha chiuso i battenti per oggi. Continuo la gara contribuendo ad aumentare il vantaggio nonostante potevo aprire tutti e due gli occhi solo a tratti. Forse la paura di cadere o di creare disagi mi ha aiutata ad aprire tutti e due gli occhi. Entro in T2 insieme alle protagoniste e attacco la frazione run nel migliore dei modi. La freschezza mancava, i primi due km li ho corsi pianino anche perché non riconoscevo uno scalino da una rampa o da una buca.

Stringo i denti e sfioro un’altra preziosa top 8, finisco 9.

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Mi porto a casa una solida prestazione, nonostante l’handicap dell’occhio ( abrasione della cornea, che spiega il forte bruciore)

Finisce qui la prima metà della stagione, con un inizio un po in sordina, ma deciso negli ultimi eventi.

I prossimi appuntamenti : Campionati Europei a Glasgow, Coppa del mondo a Losanna, Coppa del mondo a Karovy Vary

Race Report: ETU CUP QUARTEIRA 2018

Altro weekend di gare quello del 24-25 Marzo.

Questa volta sono in Portogallo per prender parte alla classica gara di inizio stagione.

Scendo in campo con un numero che mi dà tra le favorite e sapevo non era facile migliorare o mantenere tale posizione, ma ero pronta a dare il massimo come sempre.

Consapevole dello stato di forma attuale volevo testare le velocità limite sulla distanza olimpica.

Il nuoto in mare (oceano) prevedeva onde e corrente e la temperatura non superava i 15 gradi.

IMG_4604Fuori dall’acqua un timido sole e un vento forte che non aiuta a scaldarsi.

Sapendo che i climi freddi non sono il mio forte ormai ho imparato ad attrezzarmi per ogni clima e ogni sorta di intemperie, e così munita di patch riscaldanti dentro le scarpe da bici e una particolare attenzione all’idratazione nel pre gara sono pronta a partire.

Onestamente parlando, scendevo in campo abbastanza rilassata, consapevole del lavoro svolto e delle potenzialità.

La gara parte dalla spiaggia con corsa verso l’acqua (la mia preferita) e le prime onde fanno subito selezione.

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Raggiungo la prima boa nel gruppetto di testa ai piedi della leader, ma la forza delle onde mi schiaccia sotto la prima boa, dove mi si attorciglia il cavo che àncora la boa intorno alla mano. Fortunatamente mi libero abbastanza in fretta, ma non a sufficienza per mantenere il contatto con il gruppetto che poi prederà un buon vantaggio per cercare una fuga in bici.

Uscita dall’acqua trovo prontezza nelle gambe e un po’ d’insensibilità nelle mani a causa del freddo, ma in bici fin da subito riesco a esprimere forza e velocità. Nel corso dei 40km si forma un unico gruppo che negli ultimi 6/7km rallenta sempre di più dato che tutte sono consapevoli che si sarebbe trattato di un risultato basato unicamente sull’ultima frazione: 10 km di corsa.

La distanza lunga di certo mi aiuta, ma resta l’incognita sulla risposta delle gambe dopo un andatura poco impegnativa per la seconda parte della frazione ciclistica.

Transizione rapida, ma non rapido il primo dei 4 giri. Seppur affrontato in progressione, il tempo finale non mi ha permesso di avvicinarmi a sufficienza ai gradini del podio e chiudo così settima, poco soddisfatta, ma nemmeno delusa.

Netto miglioramento rispetto l’anno scorso, il che mi dà fiducia che il lavoro fatto finora è servito.

Ancora molto da raffinare, ma ci sono le basi per affrontare una buona stagione.

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Race Report, World Triathlon Series Abu Dhabi

Gara bagnata, gara fortunata? Non per me lo scorso weekend negli Emirati.

Gara “test” dopo un lungo periodo di allenamenti, per verificare quale fosse il mio stato attuale di fitness e di preparazione. Le sensazioni che avevo avuto nell’ultimo periodo erano molto buone e non mi ero mai sentita così bene in questo momento dell’anno, non ancora al 100%, ma nettamente più performante degli scorsi anni.

Un percorso unico, adrenalinico, curve e rilanci ogni dozzina di secondi, salite e discese.. tutto sotto controllo, avevo eseguito un lavoro mirato in Nuova Zelanda perché mi aiutasse a creare fiducia nel mezzo e rafforzare le mie abilità ciclistiche. Ero tranquilla, sapevo che l’aspetto tecnico era stato acquisito negli ultimi mesi.

Nuoto, partenza dal pontone, lancio lungo ( più di 300 mt prima della prima boa). Sono pronta anche per questo.

Ultima frazione: muscolare, perfetta.

Diciamo che a priori si prospettava una delle gare che più si addicevano al mio livello di preparazione.

Il meteo ha deciso di rendere le cose molto più complicate, e per tutta la mattinata pioggia e vento non davano tregua, mantenendo le strade ricoperte da una patina scivolosa dovuta alla salsedine e alla sabbia.

“Fa niente, è la stessa condizione per tutte” continuavo a ripetermi.

Eseguo la mia classica routine pre gara, step-by-step, il mio classico riscaldamento.

Un buon posto sul pontone, ultimi respiri a fondo…ci siamo.

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Ultimo sguardo alle boe, poi testa giu in attesa del “via”.

“On your mark….”

Partite. I primi 200 metri passano velocissimi e mi trovo in una buonissima posizione, giusto mezza frazione di secondo dopo aver pensato di essermi tirata fuori dalla mischia e l’inferno di botte aveva cominciato a trascinarmi sempre più indietro nel gruppo.

Esco dall’acqua con l’ultimo gruppo di ragazze, ma c’era ancora possibilità di rimediare, insieme fullsizeoutput_12eba me c’erano ottime cicliste con il quale avrei potuto collaborare per rientrare in gara.

Forse l’inesperienza, forse la titubanza di cadere per la foga di “rientrare”, ho scelto una posizione nel gruppo sbagliata: una caduta davanti a me, miracolosamente schivata e un paio di curve seguendo un’atleta completamente irrigidita, che lasciava metri su metri ad ogni svolta, mi sono ritrovata a finire i 20 km praticamente in crono, lasciando ogni speranza di ottenere un buon piazzamento finale.

Ho voluto comunque portare al termine la gara dando tutto quello che avevo; anche a piedi dopo i primi 8-900 metri le gambe iniziavano a girare.

Dopo la forte delusione di un 33esimo posto, che di per se si rivela un risultato mediocre e per molti probabilmente il riflesso della qualità (povera) degli allenamenti degli ultimi tre mesi, per me invece è un punto di partenza che mi lascia molta fiducia e molta voglia di lavorare sodo. Certo, essere stata li davanti a cogliere l’opportunità sarebbe stato davvero un sogno che si avvera o un bel colpo di fortuna, ma voglio che i miei futuri risultati siano frutto della “fortuna” che mi sono costruita giorno dopo giorno, allenandomi e migliorandomi fisicamente e mentalmente.

Tempo di lavorare sodo e godersi ogni parte del processo verso il successo.

Prossimo appuntamento: Coppa Europa a Quarteira (POR)

Pronti, Partenza, Via! Ecco cosa metto in valigia quando parto per un weekend di gare

Mancano pochi giorni alla mia partenza e devo dire che con tutti i viaggi che ho fatto in passato, oggi fare la valigia (per gareggiare) mi costa veramente poco tempo!

Mi ricordo i miei primi viaggi e la perenne indecisione su cosa fosse necessario e cosa no.   Un fattore vincolante è decisamente il mezzo con il quale si viaggerà: se devo affrontare un viaggio in auto il problema non si pone, ogni extra è benvenuto, ma il più delle volte devo fare i conti con misure e pesi massimi consentiti, e se 20 kg vi sembrano tanti, fidatevi che non lo sono per niente quando viaggiate per il triathlon!

Considerando un normale weekend di gare in Europa che generalmente varia dai 2 ai 3 giorni di trasferta, con volo low cost ecco cosa porto con me:

Sacca bici EVOC- non la più comoda da viaggio, specialmente per persone piccole come me, ma decisamente la più sicura e affidabile.

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Zaino (carry on board).

Per esperienza porto nello zaino a bordo tutto lo stretto necessario per gareggiare e documenti/ strumentazione importante:

body gara,

scarpe da bici (con pedali) e da gara di corsa,

casco,

occhiali,

borraccia (se vuota si può portare anche attraverso il controllo di sicurezza),

GPS bici e corsa,

cuffia e occhialini,

muta.

Sono tante cose per uno zaino da portarsi in spalla, ma dopo aver smarrito valigie o sacche bici spedite in un altro aeroporto preferisco fare questo extra sforzo e avere il più possibile insieme a me e disponibile all’occorrenza. Generalmente mi avanza sempre un po’ di spazio per una piccola busta con dei vestiti o dell’intimo e lo stretto necessario del beauty case.

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Tipico outfit da viaggio haha

Nella sacca della bici metto

bici – smontata di manubrio e pedali, fortunatamente sono un’atleta piccola e perciò mettere la bici nella sacca mi costa veramente pochissimi minuti, ma non per questo non mi devo assicurare che sia protetta e fissata a dovere all’interno della sacca. Un consiglio per chi viaggia in aereo è di cercare di proteggere il cambio e trovare degli spessori da inserire tra la forcella anteriore;

ruote – da gara e di riserva, la sacca che uso è dotata di due compartimenti laterali creati appositamente per le ruote e avendo abbondante spazio all’intero della sacca normalmente inserisco un extra paio di ruote (da allenamento) che in caso di foratura possono sempre tornare utile nella WHEELS AREA (nelle gare ITU esiste una sorta di pit stop nel quale si possono lasciare delle ruote di scorta che possono essere rimpiazzate in caso di problema tecnico);

vestiti – generalmente uso una di quelle sacche di plastica che danno alle gare, così nel caso la sacca venisse lasciata sotto la pioggia i vestiti rimangono asciutti. Prima di partire cerco di informarmi più dettagliatamente possibile sul tipo di meteo che troverò nella zona gara e quindi preparare la borsa di conseguenza. Soffro molto il freddo quindi sono particolarmente attenta quando viaggio al nord di portare sempre con me vestiti casual e da allenamento sufficientemente caldi e gli immancabili puntali copri scarpe per la bici;

pompa per le ruote e attrezzi per manutenzione rapida..

Se dopo tutto quello che ho elencato sopra mi avanza ancora dello spazio e peso, porto con me qualche alimento o integratori (omega 3 e ferro) che uso quotidianamente.

Un piccolo consiglio aggiuntivo: per viaggi in aereo se non siete esperti nel viaggiare con la bici, al momento dell’acquisto del biglietto vi conviene prenotare il bagaglio sportivo per garantirne il trasporto.

Inoltre controllare attentamente i pesi massimi e le modalità di trasporto di diverse compagnie aeree, specialmente quelle low cost. Easyjet ad esempio acconsente fino a 30 kg divisi in massimo due colli che non devono superare i 23 kg ciascuno. Altre compagnie aeree invece richiedono il check-in online, pena un sovrapprezzo di più di 70 Euro!! Meglio controllare attentamente ogni volta!

Spero di essere stata d’aiuto!

Ilaria

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Miyazaki World Cup

profiloSi chiude la stagione 2017 con una nota un po’ stridente: la Coppa del Mondo nella terra del sol levante, Miyazaki (JPN)

Una spedizione partita già male dal giorno 1, quando al momento dell’imbarco la mia bici viene rifiutata della compagnia aerea per un sovrannumero di bagagli extra misura. Un rifiuto totale, in parole povere non avrei mai rivisto la mia bici dopo 18 ore di volo. “Ma resta positiva”, era il mantra che continuavo a ripetermi in testa provando a trovare distrazioni durante i voli che mi separavano dalla meta finale.

Arrivata a destinazione la preoccupazione primaria era quella di trovare una soluzione per poter gareggiare il weekend, non troppo distante. La lingua di certo non era dalla mia parte ma un pizzico di fortuna ha voluto che tramite le varie federazioni siamo riusciti trovare un contatto con il marchio che produce per la sezione Giappone la bicicletta che ho in uso. Un miracolo pensai: stesso modello, stesse misure, cosa volevo di più? Dettaglio: mi sarebbe arrivata la sera prima della gara. Panico.

Ora, per chi non fa del triathlon il proprio mestiere potrà sembrare una reazione esagerata, ma per i ciclisti che leggono capiranno quanta differenza possa fare qualche millimetro di differenza tra un assetto e l’altro e quindi capire la mia preoccupazione.

Nonostante tutto ho provato a mantenere la calma e conservare le energie per il giorno della gara. Nelle ultime gare di questa stagione non avevo praticamente sbagliato un colpo, un sacco di podi infilati uno di seguito all’altro. La fiducia nei miei mezzi si era fortificata nelle ultime settimane.

 

Il percorso ciclistico della gara era praticamente piatto e senza particolari difficoltà tecniche. Con un nuoto solido e una frazione di bici “a risparmio” potevo giocarmela bene.

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Ci siamo, tutte allineate sul tappeto blu, io opposta a tutte le più forti (strategia, che negli ultimi mesi si era rivelata vincente).

Partite. Onde, corrente contraria, qualche botta, mezzo secondo di incertezza e sono già in fondo al gruppo di testa. “Qui le cose non si stanno mettendo bene”, pensai. Le braccia iniziano a bruciare e inizio a perdere contatto. Finita la frazione di nuoto sono a 10 secondi dalla coda del primo gruppo; in questi momenti può cambiare tutto; si possono decidere le sorti della prossima ora e mezza nel giro di quindici secondi.

bici

C’ho provato, fino a sentirmi male, purtroppo sono rimasta tagliata fuori e i 40 km si sono rivelati un vero supplizio.

Miyazaki triathlon

myiazaki

Finisco 20esima. Delusa e dispiaciuta.

Una stagione grandiosa, finita con un velo di tristezza.

Spesso si spera di finire con un bel risultato per affrontare il “lungo” inverno che ci separa dalle gare con motivazione e grinta, ma è stato proprio l’amaro delle delusioni che mi ha fatto sempre trovare la motivazione per migliorare la mia performance fisica e soprattutto mentale.

2018, non vedo l’ora di conoscerti!